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Questione di stile


Ormai è già da qualche anno che opero in un'impresa cui sono ancora totalmente estranea, non riesco, o forse sarebbe più giusto dire non voglio, entrare in sintonia con essa, né adottarne lo stile. Uno stile imperniato su due elementi caratterizzanti: arroganza e supponenza, tutto ciò che non si conosce deve essere banalizzato e barbarizzato.
La managerialità è un concetto che non trova qui alcuna applicazione, ed anzi di ciò si va fieri: viene premiato chi esalta ed applica costantemente la grande arte di arrangiarsi (qui spesso interpretata con l'altisonante termine di proattività), e non importa se ciò genera alla fine risultati poco efficaci ed efficienti, quello che conta è solo la visibilità dell'immediato, che ben si sposa con il continuo carosello di riorganizzazioni.
Attualmente sono coinvolta in un progetto importante: la fase organizzativa sembrava promettere bene, organizzazione in grande con definizione di specifici tavoli di lavoro a struttura piramidale. Ma l'avvio delle operazioni è purtroppo rientrato subito negli standard usuali: è mancata totalmente la definizione delle linee strategiche secondo cui procedere, e ciò ha fatto sì che ciascun individuo (nemmeno ciascun tavolo!) procedesse senza regole in totale anarchia ottenendo così un risultato di insieme che si distingueva per mancanza di coerenza, di completezza, e di senso. Ma ciò ha consentito l’attuarsi di due cose importanti: far intervenire plotoni di costosissimi consulenti, per ridare coerenza all’ammasso informe, dare libero sfogo al giudizio sommario (cosa che sembra sempre gratificare molto).

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